domenica 19 febbraio 2012

Il flauto traverso nella musica tradizionale irlandese

Nell'attuale panorama dei gruppi professionisti di musica tradizione irlandese (che da ora in poi abbrevierò in ITM, da Irish Traditional Music) non manca quasi mai un flautista e anche nel caso degli appassionati che suonano solo nelle sessions il numero dei flautisti è veramente notevole. Quasi mai però vedrete dei suonatori usare il moderno flauto Boehm in metallo o in legno: il 99% dei flautisti di ITM usa il vecchio modello conico del XIX secolo con 6 fori (chiamato anche simple system) e le chiavi o senza nessuna chiave. Perché tale scelta? E quando si è cominciato a usare il flauto per la ITM? Questo articolo vuole cercare di dare una risposta a queste domande.  

Storia della sua introduzione nella Irish Traditional Music 
Sebbene siano stati scoperti frammenti di flauti dolci risalenti all’XI secolo in scavi archeologici a Dublino, Cork e Waterford non ci sono tracce nè iconografiche nè letterarie sull’uso del flauto traverso in ITM prima del XIX secolo. Sembra che il flauto sia stato introdotto nella prima metà del ‘700 ma all’inizio venne usato solo nell’ambito della musica colta sia dai musicisti professionisti sia dai tanti amatori dilettanti. La prima testimonianza certa apparve nel gennaio del 1747 nel giornale The Dublin Courant ed era la pubblicità di un mercante di strumenti musicali . Nell’Irlanda rurale del XVIII secolo la musica popolare era suonata solo da pochi professionisti che giravano il paese facendo anche gli insegnanti di danza (i dancing master) e i loro unici strumenti erano la cornamusa (uilleann pipe) o il violino che suonavano sempre da solisti. Nel secolo XIX il flauto traverso riscosse un enorme successo in tutta Europa ed ebbe tantissimi suonatori dilettanti. All’inizio il suo costo elevato lo rese disponibile solo presso le classi più agiate ma l’industrializzazione permise ben presto dei costi più ragionevoli e quindi una maggiore diffusione del flauto. Avrebbe contribuito a una maggior circolazione del flauto presso le classi più povere anche l’introduzione in Inghilterra (e quindi presso la sua “colonia” più vicina, l’Irlanda) del nuovo flauto cilindrico di Teobald Boehm che si diffuse nella seconda metà dell’Ottocento. Si sarebbero così resi disponibili molti flauti “old system” che venivano venduti a prezzi bassi o magari a volte anche regalati dai signorotti locali ai loro sottoposti. A fine secolo gli emigranti irlandesi in Inghilterra poterono acquistare a basso prezzo i vecchi flauti abbandonati per il nuovo strumento e acquisire così gli splendidi Rudall a fori larghi ancor oggi ricercatissimi per il timbro bellissimo e il volume potente.
Un’altra ipotesi sulla diffusione del flauto nella ITM è quella che lo vede introdotto in Irlanda a causa del suo uso nell’ambito militare. Nel corso del XVII e XVIII secolo il flauto traverso accoppiato al tamburo diventa lo strumento principale per i segnali e le marce di tutte le fanterie europee ed era quindi diffuso anche presso i reggimenti inglesi stanziati in Irlanda. Il nome inglese del flauto militare è fife e in questo periodo storico era costruito in un sol pezzo e nella tonalità di si bemolle, un flauto piccolo quindi, una terza maggiore più basso dell’ottavino. I flautisti insieme ai percussionisti formavano delle fife and drum bands e si esibivano spesso anche in pubblico. Ad imitazione di questi gruppi musicali militari se ne formarono anche di civili come le “famigerate” bands orangiste che ancora oggi sfilano in Irlanda del Nord sfidando i cattolici che vorrebbero un’Irlanda unita. Ma anche molte città e piccoli villaggi irlandesi ebbero le loro fife and drum bands che rimasero molto in voga fino a tutti gli anni ’50 dello scorso secolo. Questa usanza permise così a molte persone di imparare la tecnica di insufflazione del flauto e quindi di passare abbastanza facilmente dal fife al flute. Potrebbe essere anche questo uno dei motivi della diffusione del flauto nell’ITM? Interessante notare che in molte parti dell’Irlanda rurale è ancora diffuso l'uso del termine fife per indicare il flauto vero e proprio . La prima immagine di un flautista irlandese che accompagna delle danze risale al 1833 o al 1837 ed è in un quadro del pittore di Cork Daniel Maclise (1806-1870) intitolato Snap-Apple Night o anche All-Hallow Eve in Ireland. Sulla destra del dipinto, sotto la finestra, si intravede un flautista che suona insieme a un violino e a una cornamusa. Il musicista sembra molto giovane, un ragazzo e lo strumento è abbastanza corto: probabilmente è un fife o addirittura un ottavino (Figura 1). Un altro quadro , più tardo (è probabilmente del 1842), ci mostra un flautista con un flauto in concert pitch (cioè la nota che si produce chiudendo tutti e sei i fori dello strumento è il Re posto sotto la prima linea della chiave di Sol) accompagnato da un bambino al bodhran (il tipico tamburo a cornice irlandese) (Figura 2). Il suonatore di flauto è un militare probabilmente scozzese o un irlandese arruolato presso qualche reggimento di Highlander perché porta il tipico cappello scozzese chiamato Balmoral Bonnet (vedi Figura 3). La scena è ambientata in una locanda di Listowel (Contea di Kerry) e la musica è offerta per il divertimento di un signorotto locale. Un’altro indizio dell’origine militare del traverso utilizzato nella ITM? Nel corso del XIX secolo il flauto non era in grande considerazione presso i musicisti professionisti della musica tradizionale: possiamo intuire questa poca stima dall’assenza totale del flauto come strumento popolare nella prima edizione (1904) di “A History of Irish Music” del musicologo William Henry Grattan Flood e la parte molto piccola che gli rivolge Francis O’Neill nel suo celebre “Irish Minstrels and Musicians” del 1913. A fronte di ben 8 capitoli dedicati alla uilleann pipe troviamo solo otto pagine dedicate al flauto e i musicisti citati sono solo sei nonostante O’Neill fosse anch’egli un flautista. Un’altra prova del carattere “poco popolare” del flauto ci è fornita dalle poche registrazioni fatte agli inizi del XX secolo. Secondo recenti ricerche non cominciano che nel 1921 negli USA (dove massiccia era stata l’immigrazione irlandese) e la prima registrazione in Irlanda risale al 1929 . Le zone dell’Irlanda in cui all’inizio il flauto sembra essere stato maggiormente utilizzato per la ITM sono le contee di Sligo, Leitrim, Roscommon, Fermanagh (il Sud), Galway (Est), Clare e Limerick (Ovest) . I primi flautisti ad incidere dischi venivano proprio da queste zone e furono: John Griffin, Tom Morrison, JohnMcKenna e Michael Walsh. Una grande diffusione del flauto in Irlanda cominciò negli anni ’50 quando vediamo la comparsa di musicisti come Paddy Carty, Josie McDermott e Jack Coen. Il “Folk Revival” degli anni ’60 ha prodotto una crescita ancora maggiore di importanti flautisti come Séamus Tansey, Michael Tubridy, Matt Molloy, Cathal McConnell, Frankie Gavin, Paul Roche e più recentemente Conal Ó Grada, Desi Wilkinson, Fintan Vallely, Marcus Hernon, Hammy Hamilton, Frankie Kennedy, Kevin Crawford e Paul McGrattan. Attualmente il flauto è diffuso in ogni zona del paese.
Lo studioso Hamilton così riassume le varie ipotesi sul flauto traverso in Irlanda: 1) Il flauto traverso, sconosciuto alla cultura gaelica, compare in Irlanda nel XVIII secolo, introdotto da musicisti professionisti e importanti virtuosi che viaggiavano spesso esibendosi in tutte le capitali europee. 2) L’immensa popolarità del flauto in Europa ma specialmente in Inghilterra come strumento per amatori e dilettanti trova un riflesso anche in Irlanda ma solamente nelle case della classe nobiliare o dei borghesi più facoltosi. Alcuni di questi ultimi apprezzavano anche la musica popolare così come la musica colta non essendoci nell’Ottocento ancora una grande differenza tra i generi. 3) Per questi motivi il flauto viene “scoperto” anche dai musicisti tradizionali “professionisti” ma almeno fino alla metà del XIX secolo non sembra essere molto usato in questo ambito. 4) L’assenza di riferimenti storici sul flauto suggerisce che non era considerato uno strumento adatto alla ITM. 5) Alla fine dell’Ottocento era suonato praticamente ovunque nel paese con una forte concentrazione nelle contee centrali e occidentali. 6) Fattori economici e sociali rendono nei primi del ‘900 il flauto più facilmente reperibile e dagli anni ‘30 e ’40 uno strumento molto popolare specie all’Ovest. Possiamo quindi probabilmente concludere affermando che se nell’Ottocento il flauto non era considerato un strumento “appropriato” per la ITM con il Novecento lo vediamo invece aumentare sempre più di importanza tanto da renderlo diffuso quanto e forse più del violino e in questo primo decennio del XXI secolo sicuramente tra gli strumenti più apprezzati per la ITM. 

Tipi di strumenti 
Ma quali tipi di flauto sono stati utilizzati e i utilizzano ancora per la ITM? All’inizio molto usati furono i cosiddetti “German Flutes” cioè i flauti di fabbrica costruiti in grandi quantità in Austria e Germania . Erano strumenti economici e quindi di media e bassa qualità e per questo di solito sul flauto non veniva riportato nemmeno il nome del costruttore. Furono prodotti tra l’ultimo quarto del XIX e il primi decenni del XX . Ma i costruttori che ebbero e hanno tuttora maggiore reputazione tra i flautisti irlandesi sono i costruttori inglesi di flauti a “fori larghi” che permettono un volume considerevolmente maggiore rispetto ai German a fori piccoli. Tutto nasce dal flautista di Liverpool Charles Nicholson (1795 - 1837) che fu attivo a Londra. Nicholson divenne celebre in tutta Europa per il grande volume di suono che riusciva a ottenere con il suo modo di suonare. Questo grande potenza sonora era dovuta anche al tipo di flauto che suonava, un flauto con il foro di imboccatura e i fori delle note più grandi dei flauti normali . “Data l’enorme fama dell’esecutore, questo strumento diventa richiestissimo dai dilettanti e viene perciò prodotto da diversi costruttori londinesi. Clementi & Co., Henry Potter, Thomas Prowse e Rudall & Rose ne forniscono tutte le varianti. L’aumento del diametro dei fori è fortemente disapprovato nel continente sia dai flautisti sia dai costruttori - almeno fino all’illuminante impressione che Nicholson e il suo strumento faranno su Theobald Boehm” . Nicholson entra in contatto con l’atelier di Clementi per produrre flauti secondo le sue specifiche. Il costruttore di Clementi era Thomas Prowse che continuerà a costruire strumenti ma stavolta a suo nome anche dopo la chiusura di Clementi. Pochi anni dopo vediamo la formazione di una delle più famose marche, la Rudall and Rose che costruirà flauti come quelli di Nicholson. La Rudall and Rose dal 1850 diventa la Rudall Rose, Carte & Co., nel 1870 solo Rudall Carte & Co e terminerà di costruire strumenti ai primi del Novecento quando la sua eredità fino al 1955 sarà presa dalla ditta Boosey and Hawkes. Un’altro importante personaggio (creò un flauto dalla cameratura interna grande e quindi dal suono più forte) fu il flautista Robert Sidney Pratten e il suo strumento fu chiamato Pratten's Perfected Flute. Nel 1845 Abell Siccama inventò un nuovo tipo di flauto che divenne presto popolare e che fu copiato da numerosi altri costruttori. Lo strumento era essenzialmente un normale flauto conico a 8 chiavi, ma aveva due chiavi in più, per il sol e per il re che permettevano di posizionare i fori nella posizione più acusticamente esatta. Questo permetteva una migliore intonazione, un maggior confort nella posizione delle mani, le note La e Mi con una bella pienezza di suono e una maggiore efficenza sonora dello strumento. John R. Radcliff nel 1870 creò un suo sistema di flauto: non era altro che un flauto modello Boehm in legno con le chiavi chiuse ma che manteneva la vecchia diteggiatura del flauto conico. I flautisti irlandesi Paddy Carty e Paddy Taylor hanno utilizzato il flauto Radcliff. La flautista americana Joannie Madden e Noel Rice sono tra i pochi che usano invece il moderno flauto Boehm in metallo. Il flauto moderno avendo le chiavi su ogni foro non permette l’esecuzione di tutti gli abbellimenti che si fanno sulla cornamusa e sul tin whistle , inoltre il suo timbro chiaro e dolce non è apprezzato dai flautisti della ITM. L’ottavino venne utilizzato nei primi anni del Novecento ma già negli anni 30 era passato di moda. Una eccezione è costituita dall’ottavinista John Doonan che incise un disco nel 1977 . Oltre al flauto in Re in Irlanda è utilizzato anche il flauto in Mi bemolle. Essendo un semitono più acuto del flauto “regolare” è uno strumento più “reattivo” e dal timbro più squillante. Intorno agli anni ‘70 del Novecento i flauti “antichi” cominciavano a scarseggiare e iniziò così il fenomeno dei costruttori moderni di copie settore oggi molto sviluppato in tutto il mondo. Negli anni ’80 e poi ancora di più negli anni ’90 anche i professionisti cominciarono ad utilizzare questi “nuovi” flauti perché più precisi nell’intonazione e più facili da suonare. Non dimentichiamoci che il diapason nel XIX secolo non era l’attuale (LA = 440 Hz) e poteva variare dai 430 ai 460 Hz. I primi costruttori erano essenzialmente irlandesi (risalgono al 1977 i primi strumenti ricostruiti ) poi questo fenomeno si estese all’Inghilterra, alla Francia e agli Stati Uniti. Attualmente vi sono costruttori anche in molti altri paesi europei (Svizzera, Germania, Olanda, Belgio, Spagna, Polonia) e anche in Australia, Nuova Zelanda, Canada, Argentina e Brasile . Tra i più importanti possiamo citare: Eamonn Cotter, Martin Doyle, Hammy Hamilton, Sam Murray (Irlanda), Michael Grinter, Terry McGee (Australia), Stéphane Morvan (Francia), Chris Wilkes (Inghilterra), Patrick Olwell (Stati Uniti). I flauti originali erano tutti o quasi flauti a 8 chiavi, discendenti al Do ma siccome il 90% del repertorio di ITM utilizza le tonalità con uno o due diesis, sia le posizioni che usano le chiavi che le note più basse del Re diventano inutilizzate. Ecco nascere così il fenomeno dei flauti “keyless” cioè senza chiavi e la cui nota più bassa è il Re. Questo permette la costruzione di strumenti in meno tempo e di tenere bassi i prezzi: la differenza di costo tra un flauto a 6 o 8 chiavi e uno keyless può arrivare a un rapporto di 1 a 5. Oltre a flauti in Re e in Mi bemolle vengono costruiti strumenti più bassi in Do e in Si bemolle che specie nell’esecuzione delle arie lente sono molto suggestivi. 

Stili regionali 
“La popolarità del flauto oggi è in gran parte dovuto ai successi di molti suonatori, congiuntamente al successo sempre più crescente della musica tradizionale irlandese in generale. Matt Molloy, ora con i Chieftains, ma già membro di The Bothy Band e Planxty e anche con numerose collaborazioni e registrazioni da solista al suo attivo, è probabilmente il più conosciuto, ma anche lo scomparso Frankie Kennedy riscosse l’attenzione di molte persone durante la sua collaborazione con gli Altan. Il successo e l'influenza di questi gruppi ha portato la musica di questi due flautisti a essere proposta ad un pubblico molto più ampio di quello dei loro coetanei e l'effetto di questo può essere ascoltato nelle sessions di tutto il mondo. Kevin Crawford e Michael McGoldrick sono due flautisti di una generazione diversa, che esercitano influenze simili oggi, sia nel loro lavoro da solisti, sia nel loro coinvolgimento con i Lunasa e per McGoldrick con i Flook!. Il successo commerciale di questi musicisti ha fatto mettere in evidenza il loro stile personale e a oscurare il fatto che ci sono diversi stili tradizionali di suonare il flauto. Alcuni di questi stili sono stati praticati per un tempo molto lungo e continuano ad essere seguiti da un gran numero di musicisti eccezionali. Per ragioni di semplicità, ho ricondotto gli stili in tre gruppi: Sligo, Galway-Est e lo stile “cornamusa”. I primi due di questi gruppi sono conosciuti e riconosciuti, mentre il terzo viene dalle mie osservazioni. La contea di Leitrim e l’Irlanda del Nord hanno anche stili loro propri, ma per il momento la descrizione di questi modi di suonare può essere ricondotta sotto l'ombrello ampio dello stile di Sligo. In generale le due principali caratteristiche degli stili sono il ritmo e l’uso dell’ornamentazione. Queste caratteristiche sono usate su dei piani collegati ma anche contrapposti. Da un lato ci sono flautisti come Matt Molloy che suonano con poche accentuazioni del ritmo ma impiegando un gran numero di abbellimenti tipici della cornamusa irlandese come i crans, i rolls le terzine e i cuts. Molte innovazioni introdotte nel modo di suonare il flauto in ITM utilizzano questo modello come punto di partenza. All'altra estremità della scala ci sono flautisti come Conal O'Grada che suonano in stile Sligo con grande enfasi ritmica e aggiungendo pochi abbellimenti, ma la cui musica può essere ugualmente convincente. Lo stile Galway-Est può forse essere visto come una sottocategoria dello stile Sligo, ma con diverse caratteristiche sue proprie. Queste categorie stilistiche non sono quasi mai definite in maniera precisa e in mezzo ci sono, naturalmente, una vasta gamma di sfumature diverse.” Lo stile del Leitrim Questo stile è spesso associato con il flautista John McKenna (1880 - 1947) nato a Tents (vicino a Tarmon) che emigrò da giovane negli Usa dove lavorò come pompiere a New York. In Irlanda aveva studiato il flauto con un musicista della sua regione che aveva un modo di suonare molto antico. Le sue registrazioni degli anni Venti ci mostrano un modo si suonare molto estroverso con un ritmo sempre sospinto, suono soffiato ma con un uso parco dell’ornamentazione e con variazioni molto semplici, un fraseggio stringato ma una qualità del suono continua che ricorda la cornamusa. Molti altri flautisti del Leitrim come Packie Duignan e Mick Woods riconoscono una forte influenza di McKenna sul loro modo di suonare che utilizza il diaframma per accentuare le note più importanti e a volte un colpo di lingua. Altri interpreti importanti di questo stile sono John Blessing e Micheal McNamara. Lo stile del Nord I flautisti dell’Irlanda del Nord, e in particolare nella zona di Belfast , hanno la tendenza ad evidenziare fortemente il ritmo e questo porta a volte a forzare le note con un modo di soffiare esagerato che genera un timbro rude e stridente. Il flautista Harry Bradley ci fa sentire queste caratteristiche nelle sue registrazioni dove introduce brani delle marce per fife. Alcuni musicisti irlandesi di Londra definiscono “dirty” (sporco) questo modo di suonare ma non dobbiamo necessariamente pensare a questo in maniera negativa: è solo un ampliare la tavolozza sonora del flauto cosa utilizzata moltissimo dalla musica colta della seconda metà del Novecento. Flautisti che utilizzano questo stile sono anche Conal O’Grada e Marcus O Murchu. . Per Gordon Turnbull (autore del sito www.theflow.org.uk) flautisti che suonano in questo stile, oltre i già citati, sono: Desy Adams, Michael Clarkson, Packie Duignan, Gary Hastings, Deidre Havlin, Desi Wilkinson. Lo stile di Sligo/Roscommon Lo stile di Sligo deve molto ai violinisti emigrati negli Stati Uniti ai primi del Novecento le cui registrazioni su dischi a 78 giri vennero studiate dalle nuove generazioni irlandesi. Lo stile di Sligo è pieno di ornamentazioni, si suona abbastanza velocemente, il fraseggio è a lunghe frasi e le variazioni sono introdotte da sottili cambiamenti melodici. L’articolazione è fatta sia con la lingua che con le dita, il suono è dolce e uniforme. Un enfatico soffio prodotto col diaframma sottolinea ogni nuova frase. Questo modo di suonare possiamo ascoltarlo in Roger Sherlock, Matt Molloy, Peter Welsh, Harry McGowan, Josie McDermott, Pegg Needam, James Murray, Seamus Tansey, Peter Horan, Jim Donogue, Catherine McEvoy. Ci sono chiaramente anche molti stili dipendenti dal singolo musicista come quello personalissimo di Seamus Tansey, stile fiorito e drammatico pieno di pulsante dinamismo. Tansey usava quasi sempre un legato continuo modo di suonare che si è perpetrato nell’odierno stile flautistico di Sligo. Per Gordon Turnbull flautisti che suonano enfatizzando il ritmo, oltre quelli già citati, sono: Eddie Cahill, Frankie Gavin, Hammy Hamilton, Marcus Hernon, Cathal McConnell, Colm O'Donnell, Micko Russell. Lo stile di Galway-Est e dell’East Clare La musica per flauto di queste zone è eseguita con più relax e a velocità meno sostenute rispetto agli altri stili, il ritmo è meno incisivo e le accentuazioni più leggere. Si suonano brani in tonalità minori e coi bemolli (Re e Sol minori, Do Fa e Si bemolle maggiori) cosa che rende obbligatorio l’uso delle chiavi e comunque una tecnica complicata, tanto che alcuni musicisti sono passati al flauto Boehm. Si utilizzano note di passaggio per riempire gli intervalli e si crea così un continuo fluire di terzine che crea una sensazione di scorrevolezza. Il più grande esponente di questo stile molto melodico è generalmente considerato Paddy Carty di Loughrea che suonava un flauto sistema Radcliff. Questo stile è quello che possono prendere a modello coloro che vogliono suonare la musica irlandese con il flauto Boehm. Flautisti che utilizzano questo stile sono: Vincent Broderick, Joe Burke, Paddy Carty, Jack Coen, Eamonn Cotter, Sean Moloney, Mike Rafferty, Billy Clifford, Paddy Taylor. Lo stile “cornamusa” Questo stile è stato attribuito a Matt Molloy e si chiama così perché vuol imitare i suonatori di cornamusa irlandese (la uilleann pipe). Se si ascolta Molloy in duo con Liam O'Flynn o con Paddy Keenan si nota una forte somiglianza tra flauto e strumento ad ancia. Tra l’altro questo flautista è stato forse il primo a eseguire il cran sui Mi e Re bassi un tipico abbellimento della pipe. Della cornamusa imita anche il modo di suonare molto uniforme, senza troppi sbalzi di volume e accenti ritmici molto leggeri. Un’altra caratteristica che ha introdotto Molloy è quella delle “blue note” cioè di note che per motivi espressivi cambiano di timbro o vengono modificate nell’intonazione, come si fa nel Blues. Questa era anche una caratteristica del modo di suonare di Frankie Kennedy. Un recente sviluppo nella tradizione del flauto irlandese è quello di contaminare l’ITM con il linguaggio jazz. Brian Finnegan, Michael McGoldrick e Sarah Allen, con il gruppo Flook!, Niall Keegan e Garry Shannon sono i principali esponenti di questo stilema. Altri flautisti che suonano con uno stile vicino a quello di Molloy sono Kevin Crawford e Seamus Egan. 

Il flauto irlandese in altri ambiti musicali. 
SCOZIA Sebbene non sia così diffuso come in Irlanda dagli anni del folk revival (1960-1970) anche in Scozia si è utilizzato molto il flauto nella musica tradizionale. Chiaramente quasi tutti i flautisti scozzesi suonano anche la ITM e spesso hanno imparato a suonare da insegnanti irlandesi. Nel Nord dell’Irlanda è sempre stata forte l’influenza della musica scozzese e brani tipici come gli Strathspeys, le Highlands e le Schottisches sono stati cavalli di battaglia di flautisti irlandesi come Frankie Kennedy, Harry Bradley e Desi Wilkinson. Questi musicisti hanno mostrato ai flautisti scozzesi la strada da percorrere. Alcuni dei piu importanti flautisti scozzesi: Rebecca Knorr (del gruppo Calluna), Chris Norman, Phil Smillie (del gruppo The Tannahill Weavers), Claire Mann, Nuala Kennedy, Niall Kenny, Dougie Pincock (del gruppo The Battlefield Band), Ann Ward (del gruppo Sprangeen), Iain McDonald (dei gruppi Ossian e The Battlefield Band), Alan McDonald, Roy Williamson (del gruppo The Corries), Frances Morton. 
BRETAGNA La diffusione del flauto conico in legno è grande anche in Bretagna, dove i musicisti tendono spesso a guardare l'evoluzione musicale irlandese come una direzione da seguire. Ricordiamo Patrig Molard, Alan Cloâtre, Sylvain Barou e Jean-Michel Veillon come i principali rappresentanti di questa nuova tendenza della musica tradizionale bretone. 
GALIZIA Il flauto traverso diffuso nelle zone di cultura “celtica” della Spagna, cioè la Galizia e le Asturie, si chiama requinta ed è un flauto contralto in Fa o in Fa diesis che può quindi suonare bene insieme alla cornamusa (la gaita) normalmente accordata in Si bemolle o in Si naturale. In altre zone come l’area costiera di Pontevedra si usa l’ottavino. Negli ultimi anni, sempre considerando una certa influenza irlandese, alcuni gruppi di musica tradizionale usano il flauto in Re. Uno dei primi a introdurlo è stato il flautista Cástor Castro, tra i fondatori del gruppo Felpeyu. 

Ringrazio gli amici Gianni Lazzari e Lorenzo Saracino per i suggerimenti e i consigli. 

Bibliografia 
The Companion To Irish Traditional Music (a cura di Fintan Vallely), Cork, Cork University Press, 1999 S. C. Hamilton, The Irish Flute Players Handbook, Cúil Aodha, Breac, 1990 S. C. Hamilton, The Irish Flute Players Handbook, Cúil Aodha, Breac, 2008 Gianni Lazzari, Il flauto traverso, Torino, EDT, 2003 Nancy Toff, The Development of the Modern Flute, Chicago, Univ. of Illinois Press, 1979 
Sitografia 
http://www.theflow.org.uk 
http://www.firescribble.net/flute/ 
http://forums.chiffandfipple.com/viewforum.php?f=2

venerdì 2 gennaio 2009

Ciro: 2 allarmi...

Salve a tutti,
vi auguro innanzitutto Buon anno. Purtroppo tutto lascia prevedere che anche quest'anno ne avremo bisogno.

Visto che su alcuni punti nello scorso mese ci sono state parecchie divergenze di opinioni, mi permetto di riportare l'attenzione su due punti in particolare. Non che ritenga che gli altri non debbano avere la nostra attenzione.

Uno è già stato anticipato ed è la divisione tra le classi di concorso di Strumento e Musica.
Come ho già detto in passato, non è che io ritenga la cosa un Tabù, ma è chiaro che al momento la loro unificazione servirebbe solo a rendere praticabile la ricollocazione di personale in esubero dall'una all'altra classe di concorso, facilitando i tagli preventivati da Tremonti (e supinamente realizzati dalla Gelmini), alla faccia di ogni considerazione di carattere didattico o metodologico.
La questione continua ad avere al Ministero valutazioni ambigue che danno la cosa prima per certa, poi per neanche pensabile per poi tornare ad essere ambigua.
Ogni nostro segnale in proposito deve essere netto. Allo stato non esistono le condizioni per discutere la cosa e le due classi è meglio che restino nettamente separate.

L'altro è un aspetto che non vorrei fosse stato frainteso per quel che riguarda l'avvio dei Licei Musicali. Nei mesi scorsi la discussione si è avvitata su alcuni aspetti organizzativi mentre un allarme segnalato è rimasto sottotraccia, forse semplicemente perchè non vedeva tra di noi contrasti. Ciò non toglie che, invece, sia a mio avviso uno dei punti più problematici che ci potrebbero coinvolgere in un futuro direi prossimo.
Quando veniva segnalato il pericolo che l'avvio dei Licei Musicali potesse assumere il profilo di una Secondarizzazione dei Conservatori, non abbiamo approfondito la questione. Sia chiaro che io ritengo questo pericolo molto fondato e molti segnali portano a ritenere che questa potrebbe essere se non l'unica, la via principale con cui si intende attivare questo percorso di studi. Magari non hanno ancora chiare le modalità operative, ma direi che da anni si ha l'impressione che l'avvio dei Licei ed il ricollocamento del personale dei Conservatori siano due problemi non disgiunti.

Come ho già detto in passato, non credo di poter essere io a fare proposte relative alle rivendicazioni di quel personale, ma il mio punto di vista non parte da rivendicazioni di tipo sindacale, che pur hanno le loro evidenti e sacrosante ragioni.

Il punto è quale modello di Scuola Superiore necessita per un reale rinnovamento della Formazione Musicale di Indirizzo. Basare il tutto su una malcelata secondarizzazione dei Conservatori produrrebbe la riproposizione di un modello superato cambiandogli d'abito, mentre a mio modesto avviso, è necessario pensare a una profonda modifica dell'impianto formativo, cosa che sarebbe invece estremamente più agevole in presenza di una reale riorganizzazione degli studi.
Certo il tutto risulterebbe affrontabile in modo più costruttivo in presenza di una posizione difendibile dei Conservatori, ancora troppo ancorata sulla difesa dello status quo. Ma per fortuna è una posizione meno granitica che in passato anche tra i docenti di Conservatorio. La via d'uscita però è tutta da inventare.

A presto,
Ciro.

martedì 30 dicembre 2008

Ciro: Liceo Musicale, quale modello?

Salve a tutti,
come promesso torno sul problema Liceo Musicale.

Ho letto i vari interventi, e sono andato a guardare il modello segnalato da Pietro.

Tra i vari interventi mi ha attirato l'attenzione quello di Daniele, che prima ha fatto un lungo escursus delle ipotesi indicando quelle preferibili (in modo tra l'altro per me condivisibile) e poi però, si è giustamente chiesto se esistono le condizioni per realizzare quelle ipotesi.

Vorrei quindi chiarire che il mio intervento si colloca nel campo del possibile e non dell'auspicabile.
Io non ho dubbi cha sarebbe necessario l'inserimento della formazione musicale in tutte le scuole di ordine e grado, ma so anche che in questo momento non solo non viene prevista questa possibilità, ma la riforma nel modello Gelmini prevede la sua totale cancellazione nelle superiori, persino nelle ex magistrali.

Quindi quando mi riferisco ai Licei Musicali non propongo quello che a me piacerebbe ma quello che ritengo utile e possibile nell'attuale situazione.

Credo che l'impianto della Riforma delle Superiori sia nel complesso delineata, a me non piace, ma a parte qualche piccolo aggiustamento (su cui molti si stanno attivando almeno per introdurre la Musica nei licei, si veda in proposito l'appello del FORUM per l'educazione musicale), non sussistano grandi spazi di manovra.
Semprechè questo ministro e questo governo restino in carica. Io non me lo auguro, ma francamente non vedo grosse novità all'orizzonte.

Stando così le cose, i Licei Musicali sono uno degli indirizzi previsti dalla riforma ed il loro impianto mi sembra nel complesso soddisfacente. Credo anche che sia corretto prevedere che l'area delle discipline di indirizzo sia sostanzialmente pari a quello degli altri Licei, si può disquisire sull'opportunità o meno di qualche ora e molto resta da fare sul fronte ordinamentale. Vedi in particolare il reclutamento del personale (fronte sul quale resta molto da fare non solo e non tanto per stabilire i titoli di accesso ma soprattuto per definire le modalità di formazione degli organici, quale elasticità dare al modello soprattutto per gli strumenti minori, quanto prevedere in organico di diritto con cattedre stabili e quanto rendere invece flessibile con assegnazione di organico di fatto, e la più chiara definizione della disciplina esecuzione e interpretazione per la quale è indispensabile chiarire le modalità applicative dell'insegnamento strumentale ed il rapporto alunni/docente in relazione ai singoli strumenti).

Io mi permetto di suggerire che sarebbe più opportuno concentrare la nostra attenzione su questi aspetti non ancora definiti perchè mi sembra evidente che comunque l'Indirizzo Musicale nei Licei sarà un corso, o più si spera, all'interno di un istituto che avrà anche altri indirizzi. Si tratta di capire se riteniamo che l'impianto così come risulta delineato nella bozza di regolamento sia da buttare, sapendo che però questo significa rinviare per chissà quanti anni l'avvio dei Licei Musicali o cercare di intervenire per migliorarne gli aspetti che ho evidenziato. Per ovvie questioni finanziarie, a partire dalla parte riguardante l'insegnamento strumentale, perchè che le materie teoriche possano essere svolte in formazioni di classe mi sembra fuori discussione.

Tra l'altro direi che con l'applicazione del modello con 12 ore di indirizzo ed una corposa presenza dell'attività strumentale (4 ore) si sgombri facilmente il campo dalla possibile confusione con possibili progetti d'istituto ed anche con forme che possano preludere alla secondarizzazione dei Conservatori attraverso Convenzioni che tendano a far rientrare dalla finestra il doppio percorso di studi che molti hanno sperimentato frequentando contemporaneamente un Secondaria ed i Conservatori.

Ovviamente è solo un'opinione e capisco che altri possano pensarla diversamente.

Il tempo però ormai e poco ed avremo presto la possibilità di verificare come andrà a finire.

A presto,
Ciro.

domenica 21 dicembre 2008

Lonero sui licei

Scusate, ma credo che la soluzione di questi problemi sia nel
differenziare i percorsi, un po' come nei corsi di nuoto: chi fa i
corsi per imparare a nuotare e divertirsi nell'acqua di mari, laghi
e... fiumi e chi invece nuota, allenandosi per molte ore al giorno,
nell'ambito delle societa' sportive, preparandosi per le gare
provinciali, le regionali, le nazionali, gli europei e le olimpiadi.

In sostanza si devono individuare due percorsi:
1) uno idoneo a chi non fara' della musica la sua vita ed il suo
mestiere, istituendo i licei ad indirizzo musicale, esattamente sul
modello vincente ed efficace (sottolineo vincente ed efficace) delle
medie ad indirizzo musicale: pochi strumenti (4 o 8), insegnanti se
vogliamo un po' "tuttologi" (dopo qualche anno, se vuole, uno impara,
prevedendo sistematici corsi di aggiornamento, anche a dirigere e a
preparare il materiale per la musica d'insieme) ed introducendo anche
al liceo l'insegnante di musica come alle medie: quindi
istituzionalizzando in tutti i licei la figura del docente di musica e
almeno un corso ad indirizzo musicale (dico nei licei, ma l'ideale
sarebbe in tutte le scuole superiori: perche' uno che fara' il
metalmeccanico non dovrebbe godere di diritto dei benefici che genera
l'esposizione alla musica "colta"?)

2) un percorso idoneo a chi dimostrera' propensione per gli studi
finalizzati al professionismo, che prevedano un numero necessariamente
limitato di Licei Musicali e Coreutici, nell'ambito regionale (al pari
che ne so degli alberghieri), che adempiano alle funzioni ed ai compiti
che dovrebbero essere abbandonati dagli attuali Conservatori che invece
diverrebbero universita' a tempo pieno. In questo tipo di istituti
bisognerebbe certo risolvere le problematiche evidenziate da Mario
Piatti, ma ne' piu' ne' meno come andavano o dovrebbero essere
affrontate negli attuali conservatori. Un numero di gran lunga ridotto
(rispetto ai licei ad indirizzo musicale) di questi istituti
giustificherebbe un corpo docente piu'... corposo, che soddisfi
richieste formativo-disciplinari piu' capillari.
In un indirizzo musicale cio' sarebbe inconcepibile sia per il carico
di docenti, sia per il carico orario su alunni che vogliono suonare a
mero scopo "culturale", e poco motivati ad approfondire aspetti troppo
specifici.

L'opzione per l'uno o l'altro percorso si dovrebbe effettuare nel corso
della scuola media (da cio' ne deriverebbe la gravosa responsabilita'
per i docenti di questa fascia di istruzione - cioe' noi - di
convogliare ed orientare i vari alunni verso il percorso a loro piu'
idoneo)


Questo per quanto riguarda cio' che e' "a valle" delle medie ad
indirizzo musicale.

Ovviamente, tutte le scuole medie di media grandezza (anche piu' di una
per distretto) dovrebbero avere almeno una sezione di strumento
musicale.

Per quel che e' "a monte" invece:

3) introduzione istituzionalizzata nella scuola dell'infanzia di
percorsi propedeutici alla musica, tenuti da docenti specializzatisi
nelle scuole di didattica prevedendo almeno una figura specialistica
per ciascun istituto.

4-A) introduzione istituzionalizzata nella scuola primaria di I grado
di percorsi propedeutici per la musica, tenuti da docenti
specializzatisi nelle scuole di didattica
4-B) istituzione di corsi di propedeutica strumentale basati sul
modello (ripeto vincente ed efficace) delle medie affidati a docenti
specializzati in didattica dello strumento.

5) Per tutto quello che riguarda tutto cio' che e' a monte, a valle ed
in pianura :-), diffusione capillare, in ogni ordine e grado
dell'istruzione, della pratica corale della tradizione storica
(evitando possibilmente le canzoni del festival di sanremo e simili,
che non hanno bisogno di essere diffuse e promosse).

6) Istituzione di cori, di orchestre, di brassband universitarie,
prevedendo dei fondi specifici nei bilanci degli atenei per coloro che
le organizzano e dirigono (diplomati o laureati in direzione
d'orchestra e di coro)

Questi secondo me i punti essenziali da attuare per avviare una riforma
seria degli studi musicali nel nostro paese.
Bisognerebbe partire con progetti pilota ed incrementare man mano le
varie realta', ma non lasciandole al caso e alla benevolenza (o
merce') di sindacati e csa come accade per le medie ad indirizzo
musicale, bensi con un piano programmati di introduzioni per
specificato.
Tale piano potrebbe avere un finestra temporale attuativa ventennale
(tempi piu' brevi mi sembrano irrelastici)

Inutile dire che ci vorrebbero soldi e la volonta' di spenderli bene.

Dubito pero' che l'attuale classe politica, sbracata e arruffona,
riesca ad avere il profilo culturale, morale ed istituzionale (in
sostanza "le palle", la voglia, la lungimiranza) per concepire,
accettare, promuovere ed attuare una riforma di siffatta portata.
Dubito anche che molti consiglieri e consigliori del nostro settore,
soprattuto quelli che bazzicano nel sottobosco dei ministeri, riescano
a non cadere nell'italica tentazione di tirare acqua al proprio mulino
se non peggio.

Comunque noi tutti dovremmo sforzarci di supportare un'idea del genere,
senza divisioni interne e contemperando le varie spinte ed esigenze
fino ad arrivare, "sfruttando" le migliori competenze del
Coordinamento, del Codim, della Siem, delle Scuole di Didattica, dei
Conservatori e di tutti coloro che vorranno portare un contributo, a
formulare una vera e propria proposta di legge.
"Se la legge non ce la fanno, ce la facciamo da soli" dovrebbe essere
il motto.
E poi spingere su tutti i referenti politici possibili affinche'
supportino tale iniziativa, pubblicizzando quelli a favore e
sputtanando a tappeto queli contrari.

Questa sarebbe una sfida colossale... Musicisti-avvocati fatevi avanti
anche voi.

Colgo l'occasione per augurare a tutti buone feste

PS. Tra le tante stupidaggini da correggere da noi in Italia (visto il
clima):
l'anno didattico dovrebbe coincidere con l'anno solare (sic!), con la
scuola che inizia il 15 gennaio e finisce il 15 dicembre, con
sospensione delle lezioni nei mesi caldi (luglio e agosto), con pronta
ripresa a settembre e stretta finale per gli esami nei mesi freschi:
pensate ad un diploma di violino o di composizione (con le sue belle
prove da 36 ore!) ma anche ad un esame di maturita' fatti nel mese di
novembre o dicembre e non a luglio con 40 gradi all'ombra.
Ne deriverebbero solo benefici e nessuna controindicazione (se ci
pensate bene su). Io l'ho sperimentato personalmente in una scuola in
passato. Funziona alla grande.
Ma questa e' un'altra storia...

Daniele Lonero

Bel messaggio del Villani!

Gentili colleghi,
Pietro Blumetti ha scritto 1l 13 Dicembre, fra l'altro:
(Rileggete con pazienza, per favore)
[cito testualmente]
"L’idea e la struttura del liceo musicale è stata decisa da molto tempo,
ed in modo, a mio avviso, completamente sbagliato e contrario
alla logica della legge 508/99.

Infatti la suddetta legge aveva “giustamente” trasformato i conservatori in
“Istituti superiori di studi musicali”;

ma il grande rischio dell’applicazione di tale riforma era proprio
quello di elevare solo alcuni conservatori al rango di istituti universitari

ed abbassare tutti gli altri conservatori a (più economici) “licei musicali”

Questo “bel progetto” si chiamava “secondarizzazione dei conservatori”
ed è ancora molto diffuso sia tra molti politici (che risparmiano!)
che tra alcuni “grandi musicisti” ormai affermati
(chiusi nelle loro meravigliose torri d’avorio ed indifferenti al vuoto che
li circonda).

è un progetto talmente diffuso da essere quello del liceo musicale e
coreutico scelto sostanzialmente da tutti i governi successivi alla legge
508/99, compreso quello attuale:
un liceo dove un ragazzo studia musica per 12 ore alla settimana; in
sostanza un nuovo “vecchio” piccolo conservatorio.

In teoria qualsiasi musicista non potrebbe che gioire per tale scelta;
ma un musicista deve anche confrontarsi con la reltà in cui vive; e porsi
allora due fondamentali domande:

1- quanti saranno, e dove saranno istituiti i licei musicali e coreutici nel
nostro paese?

2- quanti ragazzi vi si iscriveranno, motivati dalle loro famiglie e in
virtù delle opportunità che offre il mercato del lavoro collegato alla
musica ed alla cultura musicale?

Anche in relazione alle risposte che ci siamo dati (logicamente quanto mai
pessimistiche e desolanti) gli aderenti al Codim, considerano sbagliato ed
anacronistico un tale “progetto”.

Anche per questo il Codim è radicalmente a favore dell’indirizzo musicale da
poter inserire in ogni liceo (classico, scientifico, linguistico, ecc.).

Il Codim perciò non è che un ulteriore organismo rappresentativo di una
parte di docenti che concordano su delle precise proposte da porre
all’attenzione di chi governa la scuola; "
etc.

Vorrei esprimere la mia. A me personalmente, questa proposta di innescare il liceo musicale negli attuali licei, partendo da quelli più connaturati per annessi culturali alla musica, quali Licei Classici e Scentifici, Linguistici... similmente come le Medie a Indirizzo, da potenziare in numero e capillarità sul territorio, è una proposta sensata e vicina alla realtà, una idea possibile.
SE no questi Licei Musicali da dove nascerebbero?
Stiamo coi piedi per terra, immaginate voi nuovi edifici in Italia, costruiti "ad hoc" quando le scuole italiane cadono a pezzi? (Con conseguenze pure drammatiche, come abbiamo visto).
Dove i Conservatori sono affidati strutturalmente a cure palliative, compresi gloriosi palazzetti d'epoca?
Io penso: che i Conservatori restino tali, perchè declassarli' ?(sai che parapiglia tra i blasonati ex-docenti, giustamente no?) ; che i Licei si avviino su quelli esistenti,inglobando almeno una parte, mi auguro, delle migliaia di studenti che le medie a indirizzo licenziano ogni anno e che sanno suonare a livelli buoni il loro strumento, aprendo certo anche a nuovi iscritti che mostrino con test di ingresso una preparazione di base equivalente alle medie.
Cosa si cui si può discutere, perchè un quattordicenne può anche essere iniziato a suonare ad un'età non più tenera, e recuperare il "tempo perduto" se ben seguito, almeno su certi strumenti.
Infine che solo pochi Conservatori Superiori, opportunamente selezionati nella penisola, diciamo una dozzina, abbiano facoltà di laureare i bienni superiori,oltre ai trienni, snellendo il lavoro dei conservatori più piccoli, che si potrebbero concentrare sui trienni e allargare l'offerta formativa con nuovi indirizzi, dalla laurea di tecnico-audio a quella di informatico musicale.
Voglio anche gettare un sassolino nello stagno della domanda fatidica: CHi insegnerà nei Licei Musicali?
A mio avviso, per logica, andrebbero in qualche modo reclutati coloro che sono in possesso del biennio superiore.
Ma è solo una illazione, non si irriti nessuno.
SE no, ecco fioccare nuove abilitazioni di cui il Codim giustamente dice ne abbiamo piene le tasche.
SE sai insegnare, da diplomato, laureato, abilitato... a un ragazzino di 12 anni, puoi farlo con uno di 17. Credo sia più facile, anzi si comincia a fare un po' di vera musica.
I biennalisti hanno però mostrato buona volontà, quantomeno, sottoponendosi a 40-50 anni a ulteriori esami, a suon di euro, e del tutto in buona fede, in quanto questi Bienni nessuno ha mai detto come fossero spendibili.
Forse così, con buona pace di altri.
Cordiali saluti a tutti.
Luca Villani

giovedì 18 dicembre 2008

REGOLAMENTO 18 dicembre 2008

Articolo 5 – Scuola secondaria di I grado
1. L’orario annuale obbligatorio delle lezioni nella scuola secondaria di I grado è di complessive 990 ore, corrispondente a 29 ore settimanali, più 33 ore annuali da destinare ad attività di approfondimento riferita agli insegnamenti di materie letterarie. Nel tempo prolungato il monte ore è determinato mediamente in 36 ore settimanali elevabili fino a 40 comprensive delle ore destinate agli insegnamenti e alle attività e al tempo dedicato alla mensa. Gli orari di cui ai periodi precedenti sono comprensivi della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e all’insegnamento della religione cattolica in conformità all’Accordo modificativo al Concordato lateranense e relativo Protocollo addizionale, reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n. 121, ed alle conseguenti intese.
2. I piani di studio, in coerenza con gli obiettivi generali del processo formativo della scuola secondaria di I grado, sono funzionali alle conoscenze e alle competenze da acquisire da parte degli alunni in relazione alle diversità individuali, comprese quelle derivanti da disabilità.
3. Con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, avente natura non regolamentare, si procede alla definizione delle classi di concorso e di abilitazione secondo criteri di flessibilità nell’utilizzo del personale anche al fine di facilitarne l’impiego.
4. Le classi a “tempo prolungato” sono autorizzate nei limiti della dotazione organica assegnata a ciascuna provincia e tenendo conto delle esigenze formative globalmente accertate, per un orario settimanale di insegnamenti e attività da un minimo di 36 ore ad un massimo di 40 ore. Le classi a “tempo prolungato” si attivano su richiesta delle famiglie e nel limite del numero dei posti attivati complessivamente per l’anno scolastico 2008/2009. Ulteriori incrementi di posti per le stesse finalità sono attivati, in sede di definizione degli organici, sulla base di economie realizzate.
5. Le classi funzionanti a “tempo prolungato” sono ricondotte all’orario normale in mancanza di servizi e strutture idonei a consentire lo svolgimento obbligatorio di attività in fasce orarie pomeridiane e nella impossibilità di garantire il funzionamento di un corso intero a tempo prolungato.
6. Il quadro orario settimanale delle discipline e le classi di concorso per gli insegnamenti della scuola secondaria di I grado, definiti tenendo conto dei nuovi piani di studio, è così determinato, fatto salvo quanto previsto dall’art. 4, comma 2, del D.P.R. 275 del 1999:
Italiano, Storia, Geografia 9
Attività di approfondimento in materie letterarie1
Matematica e Scienze 6
Tecnologia 2
Inglese 3
Seconda lingua comunitaria 2
Arte e immagine 2
Scienze motorie e sportive 2
Musica 2
Religione cattolica 1
7. L’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, previsto dall’art. 1 del decreto legge n 137 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 169 del 2008, è inserito nell’area disciplinare storico-geografica.
8. I corsi ad indirizzo musicale, già ricondotti ad ordinamento dalla legge 3 marzo 1999, n. 124, si svolgono oltre l’orario obbligatorio delle lezioni di cui al primo periodo del comma 1 del presente articolo. Le indicazioni relative all’insegnamento della musica per valorizzarne l’apprendimento pratico, anche con l’ausilio di laboratori musicali, nei limiti delle risorse esistenti, sono definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca avente natura non regolamentare. Con il medesimo provvedimento sono fissati i criteri per l’eventuale riconoscimento dei percorsi formativi extracurricolari realizzati dalle scuole secondarie di primo grado nel rispetto del decreto del Ministro della pubblica istruzione 6 agosto 1999, n. 201, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 6 ottobre 1999, per la loro equiparazione a quelli previsti dall’art. 11, comma 9, della legge 3 maggio 1999 n. 124.
9. Il quadro orario settimanale delle discipline per gli insegnamenti della scuola secondaria di I grado a tempo prolungato è così determinato fatto salvo quanto previsto dall’art. 4, comma 2, del D.P.R. 275 del 1999:
Italiano, Storia, Geografia 15
Matematica e Scienze 9
Tecnologia 2
Inglese 3
Seconda lingua comunitaria 2
Arte e immagine 2
Scienze motorie e sportive 2
Musica 2
Religione cattolica 1
Approfondimenti a scelta delle scuole nelle discipline presenti nel quadro orario 1 o 2

lunedì 15 dicembre 2008

Pietro in risposta a Ciro

caro Ciro,
permettimi di precisare quello che mi attribuisci

naturalmente, sono certo in buona fede,

(mi rendo conto, ora ancora più, di come sia difficile trovare il tempo per
seguire e rispondere alle lettere di tanti colleghi!)

1- non ho mai scritto ne pensato che si debba inserire lo studio
in ogni istituto superiore; lo troverei assurdo (anche se bellissimo!)

ho scritto
(perchè, come sai, lo penso da molo tempo)
che ogni ragazzo che scelga un qualsiasi liceo
debba aver la possibilità di imparare

"anche" a suonare uno strumento musicale
e studiare
"anche" la musica;

2- tutti i governi che si sono succeduti alla legge di riforma
dei conservatori 508/99 non hanno fatto nulla di meglio
e ne di diverso di quello che sembra voler fare l'attuale governo.

è infatti una oggettiva reltà che
chiunque abbia governato il comparto scuola

(oltre alle solite profonde riflessioni
di illuminate personalità chiamate a raccolta per risolvere
il problema dell'educazione musicale)

in sostanza ha dato vita solo a:

- una serie di abilitazioni riservate;

in cui però nessuno di noi è stato mai minimamente selezionato in relazione
alle
principale qualità che dovrebbe contraddistinguere chi insegni a suonare:

capacità esecutive - conoscenza di un adeguato repertorio - facilità di
lettura musicale
(nessuno di noi ha dovuto realmente suonare!)

- nuove abilitazioni acquisite (a caro prezzo) frequentando nuovi
faticosissimi corsi universitari,
spesso caratterizzati dai piano di studi alquanto generici
(per inserirsi in graduatorie stracolme senza preoccuparsi di creare le
condizioni per garantire un
minimo sbocco professionale a tali nuovi abilitati);

- un formale elevamento del "livello in uscita" dei corsi musicali
svolti in conservatorio;
un "3+2" che rimane totalmente privo di reale significato
in quanto ancora collegato al tradizionale corso del vecchio ordinamento

(che rimane pienamente vigente nei conservatori "riformati?").

ribadisco che si tratta di un elevamento qualitativo spesso esclusivamente
formale, perchè basterebbe frequentare tanti di questi conservatori per
accorgersi
della reale situazione in cui tentano di sopravvivere.


-lo svilimento del nostro glorioso titolo di studio;
il più glorioso riconoscimento accademico per tutti i musicisti!

ma qui i politici hanno avuto una gran fretta:
con un "urgente" decreto legge hanno deciso
che valeva solo un ipotetica laurea biennale

(ipotetica perchè nessuna ancora sa veramente cosa bisogna sapere per
ottenerla)

e che per ottenere nuovamente il massimo titolo accademico
degno di un completo musicista, dovevamo tutti tornare a studiare 2 anni!

(nessuno si è chiesto però come fosse possibile migliorare la propria
preparazione
ristudiando con i medesimi professori di sempre, e che avevano il nostro
inadeguato titolo di studi e dunque le nostre identiche gravi lacune!)

caro Ciro forse il problema delle orchestre che non trovano
adeguati strumentisti deriva proprio dall'attuale livello
di assenza totale di cultura musicale:
prima mi sembra non solo che ci fossero più orchestre
ma che in italia ci fossero molti più musicisti, e molti di questi
preparatissimi.

anche io credo ci fosse molto da migliorare!

ma ritengo che per migliorare
non si possa distruggere quello che c'era di buono
senza costruire nulla di meglio in alternativa!

per quanto concerne il reclutamento del personale dei licei,
questo è tutt'altra questione:

ma prima strutturiamo un corso di studi che presupponga la necessità
di tanti docenti;
poi studieremo chi dovrà logivamente ed in base a diritti ormai acquisiti,
insegnarvi!

non credi?

ciao

pietro blumetti